Attenzione ai movimenti sulla PostePay: il Fisco può controllarli e dovrai giustificare le transazione passate per la prepagata delle Poste.
Qualcuno maneggiando una carta PostePay potrebbe farsi venire strane idee. Come quella di avere in mano uno strumento che può permettergli di aggirare facilmente il Fisco, facendo transitare attraverso la prepagata di Poste Italiane pagamenti e bonifici da celare ai controlli dell’Agenzia delle Entrate.
Non sarebbe la migliore delle trovate, anzi rappresenterebbe decisamente una scelta da sprovveduti. La PostePay non è una zona franca o uno spazio “free tax.“ I controlli fiscali infatti possono tranquillamente avere come oggetto anche le movimentazioni sulla carta PostePay (anonima o con Iban). Lo ha ribadito già qualche anno fa la Cassazione spiegando che anche i conti correnti dei privati – cioè di chi non ha redditi che derivano da un’attività imprenditoriale – possono essere soggetti ai controlli.
In sostanza i movimenti giudicati “sospetti” dal Fisco producono una presunzione di “nero” contrastabile solo con una prova documentale che dimostri il contrario. Una regola questa che si applica a tutti – dipendenti, pensionati e pure disoccupati. Anche gli “insospettabili” a cui un tempo si intestavano carte e conti – genitori anziani, familiari senza lavoro – possono finire nel mirino dei controlli. Ma vediamo quando possono scattare le verifiche fiscali sulla PostePay.
Come accade per i conti correnti anche i movimenti della PostePay finiscono nell’Anagrafe dei conti correnti, il database usato dall’Agenzia delle Entrate che si basa sulle informazioni trasmesse ciclicamente da banche e poste.
Ogni intermediario finanziario – Poste Italiane non fa eccezione – deve rendicontare al Fisco i rapporti in essere coi propri clienti (numero di conto, saldo, movimentazioni in entrate e in uscita e eventuali altri servizi). Anche le carte PostePay rientrano in questa operazione di trasparenza. Dunque ogni movimento in accredito o in addebito è tracciato e può essere ricostruito anche ad anni di distanza. Del tutto inutile sperare di farla franca usando una carta PostePay anonima. Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate infatti non vale mai l’anonimato.
Ma fino a quanti anni indietro possono risalire i controlli? I controlli fiscali sull’uso della carta PostePay possono spingersi fino a un massimo di 5 anni prima. Dopo 5 anni il potere di accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate decade. Inoltre il contribuente deve dichiarare le somme accreditate sulla PostePay soltanto nel caso in cui vanno a costituire reddito imponibile. In altre parole deve dichiarare qualcosa se si tratta di somme da tassare.
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